COSTRUZIONI DI SABBIA AL MACRO

DOMENICA 25 GENNAIO - MACRODOMENICA IN FAMIGLIA

Hiwa K. Quello che non fecero i barbari lo fecero i Barberini. MACRO - Museo d'Arte Contemporanea Roma.Foto: Luis Filipe do Rosario Domenica 27 gennaio alle ore 16.00 settimo appuntamento dei laboratori destinati alle famiglie con bambini tra i 5 e i 10 anni. Il percorso inizia con una visita all'opera di Hiwa K: Quello che non fecero i barbari, lo fecero i Barberini . A seguire genitori e figli realizzeranno insieme delle costruzioni con la sabbia.



Attività solo su prenotazione entro venerdì 25 gennaio.
Costi: 3€ bambini; 5€ adulti accompagnatori.
Gratuito per i possessori della MACROAMICI Family Card
Per info e prenotazioni
Elisabetta Dusi
t. +39 06 671070425
e. famiglie.macro@gmail.com




Hiwa K è nato in Iraq nel 1975; vive e lavora a Berlino. Il suo lavoro, che include performance live, happening e installazioni multimediali, è incentrato sui concetti di identità, di comunicazione interculturale, e sui paradossi che questa comporta. Esperto musicista, le sue opere combinano spesso il suono all'immagine. 
Quello che non fecero i barbari, lo fecero i Barberini
Il lavoro ideato e prodotto dall'artista durante il periodo di residenza al MACRO collega monumenti e luoghi distanti tra loro: il Pantheon di Roma e i campi ricchi di metalli residuati bellici del nord dell’Iraq. Il titolo dell’opera, Quello che non fecero i barbari, lo fecero i Barberini, è legato al famoso detto che riprendeva Maffeo Barberini — il bellicoso papa Urbano VIII — che nel XVII secolo fece asportare e fondere gli antichi bronzi romani del Pantheon per costruire il Baldacchino di San Pietro e per rifornire la sua fonderia di cannoni. 
Il bronzo, metallo utilizzato sia in arte che in guerra, costituisce un elemento comune tra il campo della rappresentazione visiva e quello dell’attuazione militare del potere. Precedentemente, come avvenne nel VII secolo, elementi decorativi in bronzo quali stele e rosette della cupola del Pantheon furono rimosse e portate a Costantinopoli dall’imperatore Costante II.

Queste storie, distanti nel tempo e nello spazio, sono collegate attraverso quest’opera alla fonderia che si trova alle porte di As Sulaimanyah, nel Sud dell’Iraq, dove l’artigiano e imprenditore locale Nazhad riutilizza i metalli residuati bellici provenienti dalla guerra in Iraq, dalle guerre del Golfo e dai più recenti conflitti della Primavera araba in Siria. Il suo metodo di fusione risale direttamente a quello dell’età del bronzo, e le forme per la fusione realizzate con la sabbia pressata portano a riferimenti formali assimilabili. I cassettoni in calcestruzzo della cupola del Pantheon e le loro forme ricordano gli stampi usati nella fonderia di Nazhad.

L’opera è realizzata secondo calcoli che l’artista ha compiuto avvalendosi soltanto di chiodi e fili, secondo una tecnica tradizionale, e le tracce di questo processo sono visibili sulle pareti dello studio. Questo processo è stato alla base della realizzazione della forma con la quale pressare la sabbia e realizzare la scultura, rassomigliante agli stampi da fusione